L’anima del sorriso

Questo pezzo lo sto scrivendo da molto tempo, quasi da quando ho aperto il blog, è l’argomento piu’ bello e più difficile, per questo ho deciso che non mi basterà solo un post, ma molti altri, per parlare di Sole.

Sole è decisamente l’elemento più giallo che esiste, e il giallo è buon umore, è spensieratezza e sorriso, è il calore e il colore del lepersoneimportanti, delle uova alla coque che faceva mio padre quando eravamo piccoli, della polenta di mio nonno, dei piccoli fiori che crescevano nei prati attorno a casa mia insieme alle margherite e ai nontiscordardime’, dove io e Giuppe andavamo a giocare, giù in fondo, vicino al fiume… Il giallo mi ricorda i pomeriggi d’estate afosi trascorsi in Sicilia, e il Sole che ti sentivi addosso, la sabbia bollente, le case bianche che riflettevano i raggi e i fiori viola delle buganvillee e il mare blu. La Sicilia è decisamente la terra del Sole. E poi c’è una maglietta che ho avuto in regalo all’età di 6 anni credo, giallissima, tutti mi prendevano in giro perché, stampata su quella maglietta, c’era questa frase:

“fatemi largo (davanti) sono una scheggia (dietro)”

ero magrina, avevo i capelli a caschetto e la frangetta, ero un po’ sfigata in effetti, ma io l’adoravo, “la maglietta della scheggia”, mi faceva sentire bene, ero felice ed avevo l’anima del Sole. Mia madre ancora oggi mi parla di quella maglietta e capisco che piaceva anche a lei, sapeva che era fatta per essere indossata da me: io non volevo fermarmi mai, giravo, entravo, uscivo, giocavo spesso anche da sola, ma ero molto brava, fino alla seconda elementare: “poi non si sa cosa sia successo” dice sempre mamma, ma io lo so, eccome. Lo so perché è stata la prima volta che ho perso il Sole, ma questa è un’altra storia, oggi non voglio parlare di perdite, non voglio perché è un giorno importante, oggi è il giorno in cui il Sole più giallo di tutti è entrato nella nostra vita, 22 anni fa, verso le nove di sera: mio fratello Carlo.

Non ricordo il preciso momento in cui ci hanno detto che era nato, ma ricordo la mamma nella camera dell’ospedale e quell’ ammasso di ciccia nel lettino del nido, mi ricordo che era strano, ma eravamo già tutti innamorati di lui.

Abbiamo festeggiato poi il suo compleanno per molti anni in vacanza, sempre in Sicilia e ogni estate organizzavamo una festa, la sera, con una torta enorme e piena di panna e tante persone che venivano a festeggiarlo.

Anche uno dei primi regali che ho fatto a Carletto era una maglietta gialla. Era completamente gialla con uno smile 🙂 stampato al centro, non ricordo dov’ ero quando l’ho trovata, forse in Francia, a Vichy o forse a Barcellona in una delle mie prime gite con la scuola, ma ricordo che era esposta in una bancarella, una di quelle bancarelle ambulanti che trovi in pieno centro città, era sua e l’ho capito subito. Dovete sapere che Carletto crescendo non si è smentito dalla prima impressione che ci ha fatto quando è nato. E’ sempre stato prima di tutto un bambino splendente, e crescendo anche abbastanza ciccione, quindi mi ricordo che quella maglietta mi piaceva perché lo faceva sembrare una melagiallatondiccia… Sorriso allo stato puro.

Proprio oggi ho ricordato, così un po’ per caso, a quando Carletto era piccolo piccolo e dormiva in camera dei miei genitori e noi – soliti io Vale e Giuppe – andavamo nel lettone la Domenica mattina, di soppiatto, guidati da Vale che per iniziare svegliava me, poi andavamo a svegliare Giuppe, e poi mi faceva andare in avanscoperta, nel senso che toccava a me sfidare per prima l’entrata di camera dei miei genitori, così, se ci vedevano prima di entrare nel letto, Vale e Giuppe scappavano e io rimanevo lì come un cucu’… comunque, non ricordo bene se lo mettevamo noi nel lettone o era già lì, ma Carletto dormiva in orizzontale sui cuscini di mamma e papà, quella pallozza di ciccia, era buffissimo, divertentissimo e dolcissimo, con due occhi blu che ti facevano sorridere solo a guardarli. Un vero e proprio Sole, a tutti gli effetti. Se mi fermo a pensare a lui, a quello che inconsapevolmente ha significato per noi, a tutto ciò che ci ha regalato, mi cambia la giornata, divento gialla in un secondo, e sorrido. Carletto è il Sole giallo che ha illuminato i giorni della nostra famiglia quando tutto era un po’ brutto, quando il nonno era malato, quando era troppo piccolo per ricordare ma era una meraviglia di bambino, era sempre felice, penso che sia stato mandato da noi proprio per cambiarci la vita, per farci la promessa che tutto sarebbe andato bene con lui, che era lui il motivo per resistere e stare insieme… e così è stato. Forte di questo è il fatto che a tutti gli effetti è stato un caso il suo arrivo, si, un caso, una di quelle cose, sapete, non programmate, i miei genitori non avevano deciso di avere un quarto figlio, ma lui è arrivato lo stesso, per noi. Ricordo che una mattina la mamma è arrivata nel nostro letto per svegliarci (io e Vale dormivamo insieme, ma anche questa è un’altra storia) e a farci le coccole, poi ci ha guardato con un super sorriso più giallo di tutti i sorrisi di tutto il mondo e ci ha detto che arrivava per noi un altro fratellino… da li in poi la sua scia gialla ci ha aiutato nel corso degli anni a non dividerci, a scontrarci, ma sempre sapendo di essere fratelli, perché avevamo lui da curare, da difendere o semplicemente da educare come volevamo noi, per farlo crescere diverso da noi. Credo sia andata così. Io la penso così. Giallo luce, come un abbaglio.. Carletto ha senz’altro l’anima pitturata di giallo, il più giallo dei gialli che posso immaginare, quelli che danno felicità. Compie 22 anni è vero, sembra che sto parlando di un bambino, invece ora è un omome, sempre bellissimo, ma ormai è diventato grande, talmente grande che ancora non me ne rendo conto. Addirittura il giorno della sua cresima io e Vale siamo arrivate insieme in chiesa e ci siamo sedute in una delle file laterali ma abbastanza vicine all’altare e dopo qualche minuto ci siamo accorte che entrambe stavamo piangendo tantissimo. Avevamo capito che stava crescendo. Il nostro Sole diventava sempre più alto e sempre meno piccolo. Credo che abbiamo pianto per tutta la cerimonia.

Carletto è il riassunto e la traduzione di noi tre, una traduzione però un po’ originale direi, e anche se non posso sapere come sarà il suo futuro, so per certo che sarà una di quelle persone che è bello avere accanto nella vita, come amico, come fratello, come compagno o padre, perché è capace di far sorridere, è capace di far stare bene ed ha l’animadelsorriso. Alla fine abbiamo vinto Vale e Giuppe, siamo riusciti a farlo diventare una persona migliore di noi, e io ne sono pienamente soddisfatta.

Il Sole di cui parlo sempre è come Carletto: una promessa di sorrisi e felicità. E’ qualcosa di tondiccio e morbidoso che ti fa star bene. Semplicemente quello che vogliamo tutti per il nostro futuro. Sole era la promessa che doveva attraversare la mia apnea per trasformarla in ossigeno puro, ed anche se così non è stato, io non mi do per vinta perché arriverà. Mia figlia, comunque vada, si chiamerà Sole.

Intanto oggi mi godo questo 22 Luglio, festeggiando con la mia famiglia il compleanno del nostro Sole.

Tanti auguri amore mio 🙂L'anima del sorriso - mio Fratello Carletto 22_07_2013

Atterrare

Torniamo a bomba. Nel senso che dopo gli ultimi pezzi pieni di sentimenti mielosi forse è il caso di rimettersi un po’ con i piedi per terra. E poi a me il miele non è mai piaciuto, ho bisogno di sentire un po’ di amaro tra i denti dopo tanti dolci. Quindi atterrare, se così si può dire, anche se l’impatto non è dei più piacevoli, su un terreno inesplorato, con consapevolezza che per non farsi male dentro bisogna cercare di rialzarsi e anche quando tutto va storto. Che vada tutto storto poi non è nemmeno vero perché nella maggioranza dei casi siamo noi ad aver calcolato male l’atterraggio, ad esserci coordinati male nei movimenti, a non aver visto, all’ultimo, quella buca che ci ha fatto rotolare rovinosamente al suolo. Dovevamo immaginare che poteva esserci, mica è un tappeto di nuvole, la terra. Quindi siamo stati noi a volerlo, noi a cercarlo … e questo cos’è se non sintomo di voler volare ancora, riprendere il volo, per sparire? Non accettarsi così come si è e non riuscire a cambiare per essere migliori, perché in fondo ci sguazziamo allegramente nei nostri difetti, pure parecchio. I difetti. I difetti sono… che colore secondo voi? Cambiano forse in funzione della persona? Le persone nere hanno forse sfumature difettose color grigio topo o grigio antracite? Non saprei. So solo che i miei difetti sono marroni. Marroni come la terra sulla quale atterro dopo aver spiccato il volo. Si, perché è lì che sento addosso tutto il peso dei miei malanni. sento come se mi stessi sporcando volontariamente, come se mi stessi riempiendo di fango. Emergono tutti i miei difetti, nel fango.

Di difetti ne ho molti, come tutti. C’è chi è bravo, molto bravo a celarli, e chi invece, come me, ancora non li sa controllare del tutto, forse perchè sono talmente tanti, e tutti pericolosamente intrecciati tra loro che faccio fatica a slegare tutta la matassa e alle volte, anzi, non ne trovo nemmeno le cime. Ci sono però un paio di difetti che mi riconosco, mi porto sempre addosso e credo che non riuscirò mai, per quanto mi sforzi, a disfarmene. Prima di tutto sono incostante, dannatamente incostante con me stessa. Mi pongo un obbiettivo, solitamente troppo oneroso e faticoso e fallisco, il che nella maggior parte dei casi dovrebbe farmi desistere dal ripetere l’operazione… l’atterraggio è stato duro e cambiostrategiaperlaprossimavolta, dovrei dire, ma invece no, continuo, se il volo mi è piaciuto non bado atterraggio. Rimango in ginocchio, con il palmo di una mano sul terreno, l’altro sulla schiena e la faccia rivolta al suolo. Vedo il marrone della terra. Sento solo dolore. Tutto il peso del paracadute sopra le mie spalle che mi avvolge, mi nasconde, ma nessuno mi vede, sono al sicuro. Dannatamente incoerente. Mi ripeto che no, non lo sono, io penso a quello che faccio e non faccio nulla che penso non sia corretto! Falso. Nella maggior parte dei casi capita proprio il contrario, tutto ciò che non mi sembra giusto lo propongo a me stessa. Come sfida, come controtendenza, come… boh… che ne so come. Riprendo il volo per provare ad atterrare meglio perchè stavolta voglio cadere in piedi. Non so se ci riuscirò, dico, a non farmi più male come prima, l’esperienza mi ha insegnato più ad incassare colpi che a gioire per un atterraggio ben fatto. Dannatamente due personalità vivono in me, due individui nello stesso corpo. L’istinto e la ragione, anche qui, come molti. Ma in mè questi due personaggi non convivono, non vanno d’accordo, non hanno punti in comune e litigano, pure di brutto. Non si manifestano insieme. Il confine tra di loro è ben marcato e si capisce quando la follia vince, lei, ogni tanto spaventa anche mè. E’ così diversa … avere due personalità significa avere il doppio dei difetti, il doppio delle paure, il doppio di spazzatura nell’anima e fare il doppio della fatica per liberarsene e riprovare.

In ogni caso è’ tutta colpa del volo. Dipende da quello. Potrebbe essere un volo dolce, con un sole pallido all’orizzonte e quell’atmosfera surreale che ti fa fare il sorrisoamezzabocca (io amo il sorrisoamezzabocca, tipo quello che si fa quando arriva un messaggio inaspettato da una persona aspettata) … in questo caso l’atterraggio è una profonda pressione sul terreno, lasciarsi andare con le gambe, e giù. Delusa da morire da quel planare così breve, la sabbia marroncina dei miei difetti si sta infilando dappertutto, come quando ti ritrovi la sabbia dell’anno prima perfino nel beauty case, che quello mica lo avevi portato al mare. Si insinua tra le venature dell’anima di legno, quello marrone invecchiato, la tristezza, non l’avevi chiamata, ma arriva.

Il marrone delle venature dei mobili vecchi stanno a me come le Madeleine stanno a Marcel, nel senso di Proust. Il colore, l’odore, la rugosità del legno dei mobili della camera dei miei nonni, e più tardi, di quelli che lo stesso nonno Carletto aveva in soffitta… mi ricordo che quando ero triste fuggivo lassù, ad assaporare l’odore di segatura, a frugare nei cassetti per trovare non so nemmeno io che, ma ogni volta portavo via qualcosa, solitamente una vecchia chiave che nei miei pensieri contorti avrebbe dovuto aprire un cassetto pieno di mille cose belle. Restavo li ore, decollavo e volavo nel cielo della serenità pensando che nulla era cambiato, che mio nonno era ancora lì a lavorare. Poi arrivava sempre, lei, instancabile e decisa a non farmi mai mancare nulla. La tristezza con la T maiuscola. Il marrone scuro della tristezza arriva dopo un atterraggio che mi riporta alla realtà, a guardami intorno e a capire che quel volo è già finito ed io sono di nuovo sola. Marrone non è il colore dei ricordi, ma ne è l’effetto. L’effetto che i ricordi hanno sulla mia mente, una volta toccata terra. Mi riguardo intorno e vedo che non sto più volando, e le stesse cose che dall’alto sembravano muoversi e avere vita, ora sono ferme, immobili, lì dove le ho lasciate, anni fa.

Il marrone solitamente non è un bel colore, ma è uno dei colori principali della natura, se ci pensate bene. Naturale e onnipresente. La tristezza è decisamente marrone.

Dopo tutti questi mesi passati in balia degli eventi, di me stessa, di grandi aspettative, di ancor più gigantesche delusioni, sono atterrata qui, in questa nuova casa, in questo nuovo mondo, dove tutto sommato devo dire, mi ci trovo bene, ma lei, Miss Tristezza, si nasconde dietro le nuvole, mi aspetta, aspetta a braccia aperte che ogni dannatissima volta io vada da lei. E io ci casco sempre. Mi sono sempre disperata per questo, io non voglio essere triste. Ora però, non so perchè, non so come, la signorina ha iniziato a farmi compagnia. Sarà perchè ormai non so più come si faccia ad atterrare bene, sarà che ho imparato ad uscire vestita di marrone la mattina, sarà che l’essere da sola mi fa sentire così…ma da qualche giorno mi porto nello zaino chili e chili di tristezza che mi fanno compagnia. Voglio imparare ad abituarmici, voglio riprovare a spiccare il volo da qui, con questo zaino.

…Ma c’è anche un tipo di volo più impegnativo, quello che ti succhia l’energie perchè devi essere super concentrato, super attento a non farti beccare, a non prendere i vuoti d’aria. Ho fatto un volo del genere per un po’ di tempo … (un po’ tanto e forse anche troppo) e proprio l’altro giorno sono atterrata, finalmente. Quello si, è stato un volo difficile. Era pieno d’amore, di sofferenza, di belle speranze e d’amore. Ah, l’ho già detto amore? Si? Beh era quello lo scopo del volo. E più l’obbiettivo è nobile, più è adrua la strada per raggiungerlo, e mio dio, lo è stata sul serio. Giorni, mesi, anni. Dieci, cento, mille, un milione. L’impegno per affrontare questo volo io ce l’ho messo, ma non è bastato, nemmeno stavolta, sono atterrata secca al suolo. Mi sono frantumata sul serio le ossadecuore, stavolta.

Non voglio più atterrare così, mi sto distruggendo,

non voglio più volare così, mi manca il fiato,

non voglio più amare così, mi mancherai troppo.

Forse è meglio stare a terra per un po’, camminare a piedi scalzi sull’erba o buttarsi in acqua, nuotare, correre, ma alzare gli occhi no, non guardarlo, il cielo, non desiderare l’aria, le ossa non sono ancora guarite, e poi, per il prossimo volo non ci sarà margine d’errore, l’atterraggio deve essere perfetto.

Avevo volato, per te, così in alto, che il marrone dei miei difetti era sparito, vedevo tutto blu, da lassù.

il Volo degli aerei a Barcellona - AtterrareBuonanotte

Ballare

INTRODUZIONE

Ho iniziato a scrivere questo pezzo già qualche settimana fa, subito dopo Fuga e praticamente l’ho finito quasi subito, gran parte l’ho scritto di getto. Poi mi sono resa conto che forse era troppo pesante, troppo presto, troppo strano, troppo stupido, troppo finto o troppo inutile… Diciamo solo troppo ecco. Quindi mi sono decisa a metterlo da parte per tirarlo fuori in momenti migliori, ed ho iniziato a scriverne altri… tanti pensieri su carta, che mi hanno portato a “c’è un momento per tutto”, sul quale ho lavorato parecchio, ma qualcosa mancava nel mezzo… non dite? Si capisce. Manca un pezzo tra la Rabbia per una vita lasciata e l’allegria per una invece da reinventare… Poi ho capito. Il motivo era che ballare è ancora nel reparto bozze, è lì che mi guarda e non vede l’ora di essere pubblicato. E allora andiamo, non voglio aspettare oltre.

Vedete, praticamente io con con questo blog sto facendo un percorso e riesco a scrivere solo ciò che mi viene al momento, non riesco ad impormi un argomento e usarlo come partenza. Quindi capisco che se non pubblico subito il racconto del momento, se lo salto diciamo, ne perdo la poesia. Esatto, perdo il filo della vitachestoraccontando, non riesco a passare al livello successivo, come nei videogiochi. E siccome la scritta game over non l’accetto, decido di pubblicare questo stupido sogno che ho fatto. Come, un sogno? Si, un sogno, non l’ho vissuto veramente. L’ho fatto per un po’ di tempo, non tutti giorni, ma è stato come viverlo sul serio. So che di solito i sogni sono molto confusi e bizzarri ma io invece li ricordo sempre molto bene, i miei sogni sono pieni di dettagli e sono anche lunghissimi. Vivo delle vere e proprie storie nei miei sogni. Come quello che mi tormentava qualche mese fa, un altro sogno costante, un incubo a dire la verità,  perché, mi vergogno quasi a dirlo, mi trasformavo in un serial killer o in una vittima. Non era per nulla piacevole, mi svegliavo nel bel mezzo della notte di soprassalto, senza fiato, non riuscivo a respirare, provavo a gridare ma non mi usciva la voce. Sognavo che il mio ex vicino di casa mi aveva piazzato un bel coltello nello sterno, oppure che gettavo cadaveri nel cassonetto dell’ immondizia. Inquietante. Era come un horror a puntate, e io odio i film horror. Lui può confermare, senz’altro se lo ricorda, ero terrorizzata. Questo sogno invece, che ho preso dall’emisfero destro e tradotto in racconto, è stato bello perchè mi ha fatto compagnia, mi ha dato quello che mi mancava, quello di cui avevo bisogno. E’ durato poco, ma il tempo sufficiente per imparare la lezione, che adesso vi spiego qual è.

Ballare non fa male a me, ma può far male ad altre persone, lo so. Decido di pubblicarlo lo stesso perché ho io più bisogno io di scriverlo che loro di far finta di nulla. Ho capito, in questi mesi, che la prima cosa che devo fare per trovare lamiaviacolorata è rispettare un po’ di più la mia volontà, seppur nuoce ad altre persone. Fottermene un po’… Si dice? Si può fare? Non è proprio nella mia indole, ma sto imparando, senza esagerare.

Ballare è il pezzo che serve al mio puzzle per continuare ad essere costruito. Altrimenti mi fermerei.E’ Blu. Blu solo per un motivo, una canzone, che scoprirete tra poco. L’ho scritto come se l’avessi vissuto veramente, chi lo sa? Magari mi porta fortuna. Quindi vi dico, il mio sogno era quello, appunto, di ballare. 

BALLARE

Ho nel Iphone praticamente tutta la discografia di Vasco, il che è strano perché non ne sono una folle fan, tipo una di quelle che lo ascolta e lo segue ovunque, mi piace, ma non apprezzo proprio tuttatutta la sua musica. So di per certo però che, come dicevo in fuga, le sue canzoni hanno segnato alcuni dei momenti più importanti della mia vita e gli ultimi mesi, in particolare, sono stati pieni dei suoi pezzi più belli. E allora vi spiego perché.

Devo premettere che da sempre scelgo le canzoni “da cuffia” da sola (le canzoni “da cuffia” infatti sono molto personali)… In generale non mi capita quasi mai che qualcuno insista per farmi ascoltare una canzone o mi parli di un gruppo in modo che io vada a riascoltarlo, diciamo che mi faccio le playlist per i fatti miei. Solitamente sono in macchina, sul treno o davanti a pc e cerco quello che voglio in quel preciso istante.

Ricordo che quando eravamo piccole io e mia sorella avevamo uno stereo ereditato da papà, uno vecchio stereo che funzionava a cassette e cd, i primi che avevano anche i cd in verità e sembravano super potenti, ma ovviamente il nostro andava a scatti e solo dopo aver picchiato delle sonore botte sulle casse… Funzionavano però molto bene sia la radio che la registrazione delle cassette e fu così che iniziai la raccolta di una miriade di canzoni, acchiappandole al volo mentre facevo i compiti, non potevo di certo pretendere di avere le cassette originali all’ epoca! La situazione tipo era questa: mi posizionavo con i libri sul lato del tavolo più vicino allo stereo e restavo con l’orecchio teso tutto il tempo in attesa solo della canzone preferita del momento, canzone che puntualmente volevo sentire e non arrivava mai. Rimanevo lì, sospesa per tempi lunghissimi, sperando e pregando che arrivasse, facendo finta di essere concentrata sui libri. Puntualmente quando mi alzavo, o decidevo di spegnere per studiare seriamente, la canzone iniziava e io, distratta e ormai lontana dallo stereo, mi ci catapultavo letteralmente sopra per premere il pulsante REC e PLAY insieme, per cui, spesso e volentieri,  la canzone rimaneva mozzata di qualche parola. Credo sia successo così a tutti… quante cassette con le canzoni mozzate! Se dovessi ascoltarle adesso mi farei delle grasse risate credo…

Comunque, premesso questo, vediamo perché voglio parlare di canzoni, di balli, di Vasco e del fatto che nessuno mai, fino a poco tempo fa mi ha mai dedicato apertamente una canzone, cantandola a squarciagola. Il colore è Blu, come OcchiBlu di Vasco. Ed è stato Renè.

Renè è il personaggio che mi ha fatto da marinaio durate questo viaggio di recupero della fiducia e della stima in me stessa. Si, da marinaio. Prima di tutto perché lui ha fatto anche il marinaio, dice, nella sua vita, e poi perché non posso dire che ne era il capitano, dico io, della mia nave, ma solo un attore, della terapia d’urto. Una notte me lo ha anche detto “tu mi stai usando come terapia, vero?”. Era vero. Ma Rene’ è stato anche uno dei pochi che ho ascoltato in fatto di musica, me ne ha fatte sentire talmente tante di canzoni, tutte con un loro perché in un preciso istante e tutte diverse, andava avanti tutta la notte a mettere canzoni perché voleva che le ascoltassi, che ne ascoltassi le parole e, puntualmente ogni volta, mi scaricava il credito internet dell’ Iphone per usare youtube. Renè si che è un pazzo. Come me. Nella mia testa lui non è associato al blu, piuttosto al verde, come il verde dei suoi di occhi. Ma questo pezzo è BLU perché qui non voglio parlare di lui, non mi interessa lui. Voglio parlare di quello che mi ha lasciato nel breve periodo in cui era il padrone dei miei sogni. La mia vita negli ultimi cinque mesi si è rovesciata, tutto si è capovolto, nulla di ciò che mi è successo pensavo potesse accadere a me, proprio a me, e la maggior parte delle avventure più pazze le ho vissute con Renè. Con Renè ho fatto in poco tempo tutte quelle cose che avevo sempre pensato di fare con Lui: trovarsi per caso, scappare dalla città per stare da soli in giro, a zonzo, andare a ballare senza programmarlo, e ballare insieme, insieme sul serio, ballare in strada per una canzone improvvisata,  ballare in macchina qualsiasi canzone. Ballare per stare insieme. Ballare, non solo inteso come movimento fisico ma anche mentale. Parlare per ore su un divano senza mai baciarsi, camminare guardandosi con il sorriso, essere abbracciata di sorpresa sotto una giacca senza motivo, perdere le chiavi delle macchina in un tombino e riuscire a recuperarle ridendo e ridendo come i pazzi, cucinare pasta al sugo alle otto di mattina senza aver dormito e mangiarla nelle ciotole d’insalata sul letto, perché sapevo che avrebbe avuto fame quando si svegliava e quando invece ha cucinato lui il risotto, io ero lì e il risotto si è bruciato… fare colazione per terra con gli avanzi di una casa ormai in disuso, riuscendo comunque a preparare un gran bella colazione… aver paura di andare a mangiare da Burger King perché lì era seduta una ragazza asiatica che sembrava uscita dal film “the ring”, o uscire di casa una sera d’inverno e pretendere di andare al Luna Park per poi trovarlo chiuso e come alternativa ingozzarsi di cibo, sguardi e racconti. E amore. Nel senso di amore fisico, di attrazione. Questo è ballare. Non credo infatti sia stato amore il nostro, forse solo una complicità al di sopra degli standard. Mi ha portato al mare, sempre di notte, a visitare i posti dov’ è cresciuto, le vie che ha percorso per anni e mi ha raccontato le sue storie assurde. Gli mandavo pochi messaggi, ma che per me avevano un valore e a lui piacevano e questo mi faceva sentire bene, veramente bene.  Ho ballato per Renè come solo chi lo desidera intensamente sa fare, e si lascia andare… abbiamo fatto l’amore almeno un migliaio di volte nella mia testa, mi ha strappato le calze in mezzo alla gente, abbiamo riso a crepapelle un pomeriggio natalizio in metrò mentre come due folli scappavamo dalla grigia città dove viviamo. Facevamo l’amore come nessuno, diceva “facciamo brutto a tutti oggi” e mi ha insegnato tante cose e io a lui… per questo eravamo pericolosi insieme.

Non solo mi ha lasciato mille canzoni nel cuore e dedicato occhiblu, Renè mi ha dedicato anche sé stesso, benché lo abbia fatto per poco. E di persone che si sono dedicate totalmente a me ce ne sono state talmente poche che ho cercato di prendere da lui tutto il meglio, e caspita se l’ho fatto. L’ho fatto eccome. Grazie a lui io sono stata curata nel modo più giusto e per questo lo ringrazio. Lo ringrazio perché la cura e la sincerità verso un’altra persona che pur non si ama non è cosa da tutti, bisogna avere i coglioni per farlo, bisogna volerlo veramente. Renè era la mia fugadallarealtà.

Sto scrivendo di Renè perché non lo voglio dimenticare. E’ vero, tutti i pochi uomini che ho avuto nella mia vita li ho rimossi. Mi hanno fatto talmente male che li ho cancellati dai ricordi, è un vizio che ho, non lo faccio apposta. Tutto ciò che di brutto mi è capitato tendo a rimuoverlodallamemoria, non lo ricordo più e non ne faccio motivo di lamento per il futuro. Mi passa. Per Renè è diverso, voglio scrivere adesso di lui perché è ancora fresco nei miei ricordi, perché voglio ricordare com’ era… e rileggendo quello che ho scritto nei momenti di sconforto so che starò’ meglio, voglio che mi tornino in mente tutte le cose che abbiamo fatto che sono ben di più di quelle che ho scritto. L’ultima volta che l’ho incontrato mi ha chiesto: “ti ricorderai di me nella tua vita?” c’è stato un momento di pausa, ha abbassato gli occhi e poi ha aggiunto “Io mi ricorderò sempre di te”. In quel momento, ricordo, non sono stata in grado di rispondere. Ma ora, adesso, so cosa dire:

Voglio ricordami di te Renè, voglio ricordare che hai mollato tutto e tutti una sera per venire da me, perché non mi vedervi da una settimana, voglio ricordarmi che mi imboccavi le patatine mentre guidavo, che lo facevi con attenzione verso di me, e che ero imbarazzata perchè non sono di certo abituata a questo…  Voglio ricordarmi della luna piena vista una notte d’inverno, con un cerchio intorno formato dalle nuvole, era unica ed era nostra e mi guardavi. Non sono mai stata guardata così tanto in vita mia. Voglio ricordare i tuoi baci, le tue stelle e le tue storie, i tuoi abbracci infiniti e profumo di buono della tua pelle e le nostre canzoni… Voglio ricordarmi che alla fine di ogni ballo ci ritrovavamo con il sorriso stampato in faccia, dicendoci a vicenda sempre la solita frase, che è forse stupida ma funziona, funziona per tutto: “alla fine bisognerebbe sempre ridere, no?”!  In generale io voglio ricordare te, ma soprattutto voglio ricordare me quando stavo con te perché mi sentivo bene, mi sentivo me stessa e mi ci sento tutt’ora. Voglio ricordarmi delle risate fatte insieme Renè, del tuo sorriso, dei tuoi occhi verdi, del tuo corpo e le tue mani, del modo in cui i tuoi gesti mi facevano sentire viva, di quando ti sei addormentato con la bocca al centro della mia schiena o di quando facendo la doccia mi hai detto “secondo me due persone che vivono insieme dovrebbero sempre fare la doccia insieme, primo perché si risparmia e secondo perché è troppo bello”. Lo è stato sul serio. Non mi hai lasciato vuoti, solo tanta voglia di essere di essere così, come sono. Ricordi? Una sera continuavi a ricevere telefonate a cui non rispondevi, io ti ho chiesto se avevi da fare o dovevi andare via e tu mi hai risposto guardandomi dritto negli occhi, convito come non ho mai visto nessuno: “in questo momento non c’è nessun’altro posto al mondo in cui vorrei essere” . Poi hai acceso le candele e abbiamo fatto l’amore. 

Ma, alla fine, non ci siamo amati sul serio, nemmeno nel sogno. Non so spiegare il perché, certe cose te le senti e basta, era come se sapessimo, già dall’inizio, che sarebbe finita, inutile indagare. Finisce il ballo.

Sta di fatto che adesso, anche se non ho più lui che mi fa compagnia nelle mie notti, so che l’uomo della mia vita lo voglio pazzo come Rene’.

Vivere con Renè mi ha fatto capire che i limiti, di ogni genere e dimensione non esistono per due persone che si sentono libere nell’ anima. Solo ballare.

Occhi Blu di Renè 2013

MI hai fatto bene, sai?

Domani

Domani è il mio futuro, ed è Azzurro.

Avete mai visto l’azzurro del cielo di Roma?Lo avete mai osservato veramente?Dunque, io cieli belli e azzurri ne ho visti veramente tanti tanti, da ogni parte, ma giuro, l’azzurro del cielo di Roma, beh, quello è incredibilmente azzurro e quando te lo trovi proprio sopra la testa tutti i sentimenti che avevi in corpo un minuto prima si congelano… resti lì a farti riempire i polmoni di infinito. Ti  accorgi proprio che ti sta guardando, sembra che voglia dirti qualcosa permettendo al sole ti penetrare e scaldarti la pelle. Ti senti senti come se fossi all’inizio della tua vita. O almeno io mi sento così. Amo il cielo di Roma in modo viscerale, ogni volta che arrivo a Termini non mi fermo mai a bere un caffè dentro la stazione, esco subito, alzo gli occhi e mi faccio invadere di calore e di allegria. Poi, non so come, ma a Roma quando fa brutto il cielo è azzurro lo stesso. Sarà che sono innamorata di questa città.

Io ho un tatuaggio sulla pelle, l’ho fatto poco più di 5 mesi fa e per me è stato un segno del mio destino. MI ha aiutato Pantera, praticamente lo ha disegnato lui..ho tatuato una “L” che per il tutto il mondo sta per Laura ma in realtà non è così. Sta per Libertà. In questa libertà per ora ci ho messo solo i miei fratelli, me stessa e l’infinito dell’Amore. Nient’altro. Amore, pensavo di sapere cosa fosse, ma forse devo ancora scoprirlo. Domani. I miei fratelli perché sono le uniche persone che non mi diranno mai di frenare… e se lo fanno non lo pensano veramente… perché loro potrei essere io e loro me. Me stessa perché sono da sola che credo in quello che faccio e farò domani, e infinito perché nei miei occhi il domani , ogni giorno sarà solo pieno di libertà, o alla ricerca di libertà. Una persona mi ha parlato di sogni, perché vuole realizzarli. Anche io voglio realizzare i miei sogni e sono convinta che ce la farò.

Tatoo

Azzurro è il colore del fiocco quando nasce un maschietto ed è successo anche questo nella mia vita in questo mese. Dopo che Lui mi ha lasciato dicevo alla mia amica che suo figlio sarebbe stato il mio fidanzato. Ieri è nato. Azzurrissimo. So già che sarà un bambino bellissimo ed una persona speciale come i suoi genitori,sono felice se farò parte del suo domani. Ti voglio bene piccolo amico, spero che la tua vita sia più azzurra possibile!

Azzurro è l’orizzonte davanti ai miei occhi, E’ il colore del vento che allontana le nuvole quando volo lontano, è il mare che giù in fondo incontra il cielo. E’ il cielo. E’ assolutamente il colore del mio Domani.

l'orizzonte davanti ai miei occhi - Ibiza - Agosto 2011
l’orizzonte davanti ai miei occhi – Ibiza – Agosto 2011

Parlerò spesso d’azzurro.

Nulla mi renderà triste o arrabbiata o nonsochè di brutto. Lui non potrà più farmi male, mai più.